L’importanza di identificare strategie per mantenere la variabilità genetica all’interno delle popolazioni animali in allevamento, nasce dal bisogno di salvaguardare le risorse genetiche delle specie animali attraverso la caratterizzazione sistematica del loro genoma. In particolare si parla delle razze autoctone dell’area del mediterraneo, il cui allevamento di specie di interesse zootecnico è stato tradizionalmente basato su razze locali ben adattate al loro ambiente. La loro presenza ha consentito di: valorizzare le risorse foraggere delle aree a prevalente vocazione paesaggistica e ambientale, preservare il patrimonio ambientale e l’equilibrio ecologico, garantire la presenza di attività economiche e il mantenimento del tessuto sociale nelle aree rurali e inoltre caratterizzare la tipicità dei prodotti.

Le specie di interesse zootecnico nell’ultimo secolo sono state selezionate prevalentemente per la produzione in sistemi di allevamento intensivi, ma ciò ha contribuito a una riduzione della consistenza dei tipi genetici autoctoni con un elevato rischio di estinzione e conseguente perdita di variabilità genetica.
In Sardegna l’esempio più eclatante è rappresentata dalla razza ovina, in una selezione per la produzione di latte e per alcuni caratteri morfologici della razza autoctona in purezza. Per quanto riguarda le altre specie di interesse zootecnico (suina, caprina e bovina) si è puntato sull’incrocio, non sempre programmato, con razze migliorate.

In molte parti dell’Isola si riscontrano ancora nuclei di animali (ovini, bovini, caprini, suini e equidi) che mantengono i tratti autoctoni, oltre ad essere dotati di buona rusticità.
La continua evoluzione delle tecnologie di biologia molecolare ha permesso lo sviluppo di metodiche di indagine precise e attendibili che consentono di valutare e misurare le reali differenze genetiche tra popolazioni e razze.
Ciò costituisce la premessa per l’elaborazione di piani di conservazione e/o miglioramento genetico.
Unitamente a questo obiettivo prioritario per la conservazione e valorizzazione economica delle suddette specie si intende anche studiare i geni che possano consentire il miglioramento delle razze locali per le caratteristiche di qualità, sanità e sicurezza alimentare delle produzioni.

Le specie e razze interessate dal seguente progetto sono:

  • specie bovina: razze Sarda, Sardo-Modicana e Bruno-Sarda;
  • specie caprina: razza Sarda Primitiva;
  • specie ovina: razza Pecora Nera di Arbus;
  • specie suina: razza Sarda.

Per quanto riguarda la specie bovina, la razza Sarda è attualmente allevata completamente al brado e spesso costituisce l’unica forma di sfruttamento per la sua attitudine, dunque è allevata soprattutto in terreni marginali caratterizzati da basse produzioni foraggere.
La razza Sardo-Modicana nasce dall’incrocio di miglioramento tra la razza Sarda e quella Modicana allo scopo di migliorare l’attitudine al lavoro nei campi della originaria razza sarda. La razza Sardo-Bruna assunse nella prima parte del secolo scorso notevole rilevanza tanto da essere considerata l’unica razza da latte presente in Sardegna.
Per la specie caprina oggetto del presente progetto è la razza Sarda Primitiva. L’attuale popolazione di Capra Sarda iscritta al Libro Genealogico è un incrocio tra il ceppo autoctono e razze miglioratrici mediterranee, in particolare la razza Maltese.

La capra Sarda ha grande variabilità nei suoi parametri morfologici, produttivi e genetici ed è difficile stabilire le reali origini della capra Sarda, e quali siano state le popolazioni che abbiano influito sulla morfologia piuttosto che sui caratteri produttivi.

La consistenza della razza Pecora Nera di Arbus, anche grazie all’azione di salvaguardia intrapresa negli ultimi anni da AGRIS è aumenta come lo dimostrano i dati Assonapa, infatti il numero di capi e allevamenti iscritti al registro anagrafico che sono passati, rispettivamente da 233 e 9 nel 2008 a 2.810 e 42 nel 2010.
Per quanto concerne il suino sardo, il rinvenimento di numerose ossa di animali, selvatici e domestici, risalenti al neolitico antico fanno supporre che l’allevamento del suino in Sardegna risale alla preistoria.
Risale però al 1774 ad opera del padre gesuita naturalista Cetti un’accurata descrizione morfologica del suino presente in Sardegna.
Testimonianze della presenza del suino sardo autoctono sono reperibili anche in pubblicazioni della metà del 900: Giuliani (1940), nella “Rivista di Zootecnia”, inserisce fra le nove razze suine italiane anche quella Sarda, mentre Bonadonna (1960), nella rivista “Il Maiale”, descrive il suino di razza Sarda.